venerdì, settembre 26, 2014

Materiali: IN e OUT in vista dell' MMT 100

Mancano pochi giorni alla mia partenza per il Friuli Venzia Giulia (MMT 100) e voglio fare un po' il punto della situazione sul mio materiale. La gara MMT 100 ha una lista con materiale obbligatorio e fra questi c'è lo zaino. Quindi rispetto alle scorse competizioni, IN sarà lo zaino Ultimate Direction SJ da 9L e OUT saranno le bottiglie a mano. Confermata la lampada frontale Ay up, mentre per quella di riserva userò la rodata Petz Zipka Plus 2. In questa categoria, la nuova entrata IN sarà una batteria di riserva per AyUp. Sono sempre stato scettico sull'uso dei bastoni, ma già dalla prima uscita ho cambiato subito idea e IN ci saranno, allora, anche un paio di bastoncini Black Diamond Ultra.
Un capitolo a parte lo merita le scarpe. Ho viaggiato fin dall'autunno 2013 con le Inov8 trailroc 243 in tutte le gare che ho corso fuori dall'asfalto. Mi sono trovato sempre molto bene, ma dopo il Dirndltal ho dovuto cambiarle in quanto mi hanno lasciato dei piedi spappolati nel dopo gara. Ho bisogno di più confort nelle gare lunghe, specialmente quando le ore di gara superano la decina. Allora OUT le  trailroc 243 e IN le Patagonia Everlong che hanno lo stesso peso, non lo stesso grip e la stessa flessibilità in punta, ma hanno molto più ammortizzamento sull'avanpiede.
Capitolo orologio e Gps. Al Dirndltal ho usato il sole in quanto il mio Garmin 305 non riesce a stare acceso per più di otto ore mentre la strada già la sapevo. Ho guardato vari modelli della Garmin e Sunto, che offrono degli orologi adatti a gare di trail lunghe, ma non mi hanno convinto in quanto sono pesanti e costosi. Il gps, al limite, mi interessa per una navigazione d'emergenza e per vedere la strada che ho fatto alla fine della gara, mentre la velocità di crocera in montagna, così come il valore del cuore,  non mi interessano. Ho trovato IN un gporter gp102 che, come gps logger mi va bene anche se, purtroppo, ha solo un'autonomia di 15 ore senza possibilità di cambiare la batteria, autonomia testata personalmente un paio di volte. Messo nello zaino funziona bene, lo accenderò nella parte finale di gara oppure quando perderò la strada. Per sapere il tempo in gara avevo pensato al Casio F-91w ma probabilmente non lo userò in quanto ha un cronometro che dopo un'ora si resetta e allora per sapere l'ora mi va bene anche il telefonino. Quindi il Casio sarà OUT e confermato il sole, le campane e tutti quelli che mi diranno l'ora.
Come bevanda,  OUT il Tocai in quanto il nome spetta solo al vino ungherese, che non è imparentato con l'omonimo del Friuli Venezia Giulia e IN la birra, bevanda isotonica per eccellenza che spero mi rimetta in piedi nei momenti più difficili. Ho letto da qualche parte che il Tocai si chiama ora Friulano, mi accerterò sul posto.
Per finire, mi ha molto interessato conoscere qualcosa di più della regione dove andrò a correre. IN il libro di Sergio Maldini "La casa a Nord Est", mentre, per un'altra edizione della MMT 100 potrei dare un'occhiata anche a Pasolini e Hemingway due famosi scrittori che hanno lasciato una traccia indelebile nel Friuli. OUT, invece, tutte le tabelle che mi dovrebbero portare a correre la mia prima cento miglia. Dove lo trovo il tempo per seguirle?

domenica, settembre 21, 2014

Anninger, corsa sulla montagna

Sprint finale
 Sabato 20 settembre, in una splendida giornata di sole, mi sono presentato al via della gara in montagna Anninger. Corsa breve, 6 km con 380 metri di salita. Mi ero iscritto anche lo scorso anno, ma proprio dopo aver attaccato il numero alla pettorina, l'ho restituito per problemi al polpaccio. Quest'anno invece è andata diversamente. Alla partenza ritrovo vecchie conoscenze e tra una chiacchiera e l'altra arriva il momento della partenza. Il posto della gara non mi è sconosciuto, si trova a 20 minuti di macchina da casa mia, a Mödling, ed è il posto più vicino nel quale effettuo allenamenti in salita con pendenze significative, anche se il sentiero dove si svolge la gara non l'ho mai fatto. Al via sono partito dietro, anche se eravamo in tanti, ma dopo la gara sulla Rax, ho sempre più la sensazione che quando parto davanti è solo perché non sto bene.
I primi metri sono in discesa, ma con la strada larga raggiungo subito un gruppo che va a buon ritmo. Quando la strada comincia a salire sono entrato nel bosco. Ho tenuto a vista un paio di personaggi che conosco di vista ed hanno passo, di solito, un po' più veloce del mio. Mi è bastato tenere un ritmo costante per raggiungere e superare via via diversi corridori. Alla fine ho avuto anche la gamba per un buon sprint finale che mi è valsa la 18-ema posizione rapinata, con un tempo di 34':31". Risultato abbastanza in linea con la prestazione del 2011 dove, però, si correva dall'altro versante della montagna. La discesa verso la partenza la faccio con una vecchia conoscenza che non vedevo da molti anni, il quale, dopo aver gareggiato nel triathlon e in gare come race across Austria, ha deciso di cercare nuovi stimoli nelle gare di trail.

 Ora mi aspetteranno due interminabili settimane di allenamenti con il freno a mano tirato prima della partenza verso l'Italia, dove correrò la mia prima 100 miglia, con una condizione che, ormai, è quella che è. La classifica finale si trova qui.

Sentiero a pochi metri dal traguardo


sabato, settembre 06, 2014

Corsa sulla Rax e Businessrun

La settimana appena trascorsa ha segnato il mio ritorno alle gare: due in tre giorni. La prima è stata la Businessrun, un evento di massa da 27000 iscritti per correre in tondo 4,1km asfaltati e piatti. Se correre un ultramaratona rimane una questione irrisolta, mi sarebbe piaciuto sapere il parere di un extra-terrestre, che per caso fosse passato sopra il Prater quella sera, sullo spettacolo dei ventisettemila sportivi in divisa sponsorizzati dai propri datori di lavoro. Si parte a branchi, i primi alle 18:45, gli ultimi alle 20. Il mio scaglione, l'ultimo, è partito quando ormai era buio ed è stata, la mia, più una gara di slalom e cross country che altro. Ad un certo punto credevo di essere nel blocco di quelli che corrono telefonando. Penso che l'organizzatore, in futuro, dovrebbe stilare una classifica apposita in quanto ho visto dei gran specialisti. In ogni modo è sempre bello gareggiare in questi eventi di massa, sopratutto l'analisi dopo l'arrivo, nel gazebo del dopogara, dove a base di bevande isotoniche come la birra, ci si scambia opinioni sulla corsa tra colleghi di lavoro.


Arrivo sulla Rax

Due giorni dopo sono tornato a gareggiare sulla montagna della Rax, che nel 2011 mi regalò un incredibile podio di categoria. Questa volta il meteo è stato diverso, pioggia leggera, nebbione in quota e basse temperature. Mi sono portato appresso due nuove paia di scarpe, le Ultra Sense 1 della Salomon e le Roclite 295 dell' Inov8, con le prime già ai piedi e senza calze, come le star. Ho chiesto le condizioni del terreno al mio vicino di parcheggio e mi ha detto che è un po' bagnato. Allora ho deciso di cambiare scarpe e di indossare le più sicure Roclite 295, più pesanti, ma dal profilo più marcato. Il mio vicino, al mio cambio, mi ha guardato con sorpresa e mi ha detto che lui aveva un solo paio di scarpe, per la verità abbastanza datate, che gli bastano e avanzano. Al via sono partito prudente e ho cercato di tenere un ritmo decente nella varie salite dei 1100 metri di dislivello che mi dovevano portare all'arrivo dopo 9 interminabili chilometri. La corsa, però, non mi è riuscita molto bene e così sono passato molto presto al passo. Non ho avuto la forza di correre sulle salite come nel 2011 e il mio passo da mangia polenta in salita era quello che era, vale a dire lento. L'umidità, la nebbia e l'appannamento degli occhiali, mi hanno tolto di fatto anche l'ultima possibilità di correre nella breve discesa finale. Alla fine ho impiegato 1h:16'  per tagliare il traguardo in mezzo alle nuvole a braccia alzate e col sorriso stampato in viso, forse più per la voglia di nebbia padana che per il confortevole 25-mo posto conquistato. Immancabile l'appuntamento in baita per il ristoro conclusivo dove ho ritrovato il mio vicino di parcheggio. Con la consapevolezza di non essere mai scivolato grazie all'ottimo grip delle mie nuove fiammati Roclite 295, gli ho chiesto come è andata la sua gara. Mi ha risposto che è andata bene: primo posto assoluto, così come quello di categoria anni 50, e tutti a casa quelli che credono che con le scarpe super tecnologiche si fanno i risultati, oppure che la vittoria è solo una questione tra under 35. La classifica finale qui.

lunedì, settembre 01, 2014

Perché corro un'ultramaratona

Non sempre è possibile evitare domande scomode
Ogni tanto mi capita e anche questa volta è successo di nuovo. Vale a dire trovarmi di fronte alla nuda e inevitabile domanda del mio interlocutore occasionale, il quale, su due piedi, mi chiede inesorabile il perché corro un'ultramaratona. Fossi il campione di scacchi  Magnus Carlsen, probabilmente lascerei cadere la domanda e alzerei i tacchi come fa quando gli chiedono quale sia il pezzo della scacchiera che più gli piace. Ma se le mie vie di fuga sono bloccate, qualcosa devo pure inventare. Mi chiedo come mai nessuno mi abbia mai chiesto perché abbia guardato un spettacolo come le partite dell'Italia agli ultimi mondiali, passato un pomeriggio in un centro commerciale, o trascorso qualche ora in coda in autostrada completamente bloccato, anche se in questi casi proprio non saprei cosa rispondere.

Leggo i racconti di gare di altri personaggi che corrono come me e trovo molti riferimenti a questo tipo domanda. "Le mie 10 ragioni perché corro un ultra trail", "Sette motivi per correre un ultra" e altri interessanti posts sulla stessa linea, uno addirittura ci ha scritto sopra un libro (già ordinato). Potrei imparali a memoria, sono argomenti ragionevoli e infine recitarli al mio interlocutore appena si dovesse lasciare scappare la famigerata domanda.

Però mi chiedo, veramente sono nato per correre? Fossi nato al posto di mio nonno, avrei corso per i campi anziché andare a segare delle rive? Oppure lui non lo sapeva, come suo padre e il padre di suo padre che era nato per correre? L'uomo riesce a correre più a lungo di ogni altro animale, ma i cavalli che regolarmente sfidano le persone in gare di resistenza hanno seguito la tabella di allenamento personalizzata, test del lattato, cardiofrequenzimetro, montato ferri in carbonio, selle in titanio ultraleggere e scaricato l'ultima App per mantenere alta la motivazione, prima dell'inesorabile sconfitta? Leggo di endorfine, runner's high e altri stati di alterazione generici che magari in un'altra epoca si scoprivano all'osteria o in altri luoghi di malaffare e se chi mi sta davanti poi capisce male?
Corro diciotto ore perché ne sono capace, perché è possibile. Come riesco a contare quanti cartelli verdi ci sono sulla A4 tra Venezia e Milano, quante lettere h ci sono nelle prime venti pagine della Gazzetta dello Sport e magari, perché no, quanti sassi ci sono ad Acitrezza. Sappiamo fare così tante cose interessanti, che magari un'ultra passa nel calderone senza neanche saltare all'occhio.

Eccola finalmente la motivazione finale, quella che taglia la testa al toro, quella che merita di essere la trama di un intero libro ed è capace di convincere anche l'interlocutore più scettico.  Ce l'ho qui sulla punta delle dita che battono sulla tastiera: "Corro un ultra perché...", ma la devo proprio scrivere? Anche se non la conosco e non so proprio come mai potrei saperla?
Una volta d'inverno nevicava, d'estate faceva caldo e queste domande non le facevano. Questa è la verità.

giovedì, agosto 21, 2014

Prossimi appuntamenti

La fibia del Dirndtltalextreme sub 18h
 che ha trovato posto tra gli altri cimeli
Sto smaltendo i postumi della gara Dirndltalextreme così ho tempo per focalizzare al meglio le prossime gare. Per settembre sono iscritto alle corse in montagna sulla Rax e sull'Anninger, gare già affrontate negli anni passati. Saranno passaggi intermedi per vedere un po' lo stato di forma in vista del Magredi Ultra Trail, una gara di 100 miglia (160 km e 7700 metri ascesa) che si correrà in Friuli il prossimo 3 ottobre e sarà il mio debutto in una gara di trail in Italia.  Per l'occasione sto cambiando un po' il materiale che userò in gara, vale a dire uno zaino più leggero, scarpe più ammortizzanti e un gps più compatto. Nel Dirndltalextreme  ero senza zaino, gps e scarpe troppo poco protettive. Correre il Magredi senza zaino non è possibile per via del materiale obbligatorio e non vorrei rinunciare alla traccia gps per vedere dove sono passato.

domenica, agosto 03, 2014

Dirndtalextrem nella top 10

Urlo al traguardo
Sono appena tornato da Ober Grafendorf dove ho partecipato al trail Dirntalextrem per la seconda volta. Quest'anno ho conseguito un risultato davvero inaspettato. Ho impiegato un tempo di 15h:29'  per percorrere tutti i 111 km con un dislivello di 5000 metri in positivo, conquistando un sorprendete nono posto in classifica generale. Rispetto allo scorso anno, ho migliorato di 3h:22'. La classifica finale qui.

Scorgo un campanile

Sono su questa ciclabile che porta al traguardo, diritta,  piatta, ma sopratutto infinita. Non riesco più a correre, ma al passo non ci voglio andare. Sono braccato, ho spento la mia lampada frontale per non farmi riconoscere, sono avanti e voglio difendermi con i denti. Cerco di trattare con la mia mente su quanto possa ancora correre: "cammino fino a quel palo e poi corro gli altri quattro". Con la mano destra cerco una canzone che mi tenga in movimento, che confonda le acque, lo zapping casuale del mio ipod, l'unico gadget elettronico che mi sono portato dietro, si ferma su Amedeo Minghi. Corro e allora la canzone va bene, ma dopo quattro pali cammino. È come un interruttore che si accende e si spegne. La canzone finisce e la faccio ripartire, se mi fa arrivare fino in fondo l'ascolto anche cinquanta volte. Poi, dietro ai palazzi di fianco alla ferrovia, scorgo il campanile di Ober Grafendorf, il paese dell'arrivo e solo a questo punto capisco di avercela fatta. Non sento più la necessità di camminare, corro, accendo la lampada e mi preparo a tagliare il traguardo. Sotto lo striscione d'arrivo, getto le borracce dalle mani e mi lascio andare in un grande urlo liberatorio. Gerhard, l'organizzatore della gara, mi mette la medaglia al collo e non posso fare nient'altro che abbracciarlo. Non riesco a dire nulla, faccio fatica a respirare e non mi rimane che sedermi e godere di questo momento.

Si parte

Come lo scorso anno, anche in questo agosto del 2014 mi ritrovo nel Pilachtal per partecipare alla terza edizione del Dirndltalextrem. Arrivo da Vienna col treno appena in tempo per il briefing. Moltissime persone in sala e quasi non trovo posto, quest'anno è record di iscrizioni. Il mio posto per la notte è ancora nella casa ESV, dove dormirò sotto il tetto con finestra sul traguardo. Per istinto o abitudine, mi sistemo nello stesso letto dello scorso anno. Non fa così caldo, ma lo stesso non dormo molto e questo vale anche per i miei soci di camerata. Alle quattro suona la sveglia e dopo una breve rinfrescata, mi aspetta la colazione. Tra un panino e due chiacchiere, in un lampo arriva l'ora di partire. Il meteo concede una tregua, niente caldo infernale, ma solo una nebbia tonificante. Per ora. Parto che ho solo due mini borracce nelle mani e due piccoli marsupi nella vita con dentro: telefonino, scheda di controllo checkpoint, ipod e pastiglie di sale. Orologio, zaino e gps sono rimasti in camera. L'obbiettivo di giornata è quello di arrivare al traguardo sotto le 18 ore e portare a casa la fibia della cintura: il cimelio che verrà consegnato solo a coloro che taglieranno il traguardo entro la mezzanotte. La mia strategia è semplice: viaggiare leggero, partire tranquillo, correre il più possibile senza andare fuori giri e non sbagliare mai strada. Parto ultimo e risalgo il gruppo per trovare un gruppetto che vada bene. Riconosco un paio di corridori, so che conoscono bene la strada e mi aggrego a loro. I sentieri sono bagnati dalla nebbia e dalle piogge dei giorni scorsi, devo stare molto attento a non scivolare. Passiamo il primo controllo, il secondo e poi arriva il terzo. Bello sentirsi chiamarsi per nome, sembra di essere a casa. Qui mi cambio la maglietta e passo a borracce più grandi, la nebbia è scomparsa e il sole già picchia, oggi ci aspettano trenta gradi. Quando comincia la salita che sta prima di Frankenfels, checkpoint 4, rimango da solo davanti al mio gruppetto. Lo scorso anno su questa salita ho cominciato ad accusare il colpo, oggi, invece, tutto bene. Nella lunga discesa asfaltata mi supera la prima delle donne. Le dico che lo scorso anno mi aveva superato dopo il check point 5, lei mi risponde chiedendomi se è bene o è male. Non lo so, ma non glielo dico.
Quando inizia la salita verso il check point 5, la mia corsa comincia a latitare. È arrivato il momento di usare la musica. Non ritrovo la corsa completa, ma la riesco ad alternare col passo. La discesa, invece, scorre molto bene, anche se è piena di buche e con una bella pendenza. Dopo il check point 5, mi rimetto a nuovo nel vestiario e parto verso la cima Eisenstein, meta del checkpoint 6. Le pendenze notevoli, il caldo, la scossa della recinzione delle mucche al pascolo, la solitudine e la stanchezza fanno sì che l'ascesa diventi un andamento lento. Ma è in cima che le cose cambiano. Nella seconda edizione avevo cercato di anticipare la discesa saltando quasi questo ristoro e fu un grosso errore. Questa volta invece, non mi lascio sfuggire una minestra di verdure e una bella birra fresca, le quali mi rimettono a nuovo. La discesa successiva è molto insidiosa, rocce bagnate, sentiero stretto e vegetazione molto alta. L'ascesa al checkpoint 7, breve ma micidiale, la concludo senza particolari affanni e allora alla baita mi concedo il bis con minestra e spuma. Nella lunga discesa verso il checkpoint 8 non ho problemi e qui la corsa funziona a meraviglia. Nella parte pianeggiante successiva, invece, sento i primi segni di insofferenza. Decido di andare dentro al torrente per rinfrescarmi e rigenerarmi togliendomi, però, le scarpe. Piedi bianchi come lo scorso anno non ne voglio vedere. La pausa mi fa bene, ma non mi da una carica sufficiente per tornare a correre in salita. Appena prima del checkpoint 9, mi raggiunge un concorrente che ha un fans club al seguito, con tanto di magliette e striscioni. La strada qui è facile e riesco a stargli in scia fino al punto di controllo. Ora m'avvio verso l'ultima lunga salita ed è molto più semplice affrontarla con la luce del sole, anche se mi manca un po' il fascino delle luci verdi che marcano il percorso di notte. Il passo in salita è lento ma in discesa è buono, così arrivo al check point 10 che ho ancora un piccolo margine sui miei due immediati inseguitori. Qui decido di rischiare il tutto per tutto per mantenere la posizione, che non so di preciso quale sia, e salto il ristoro. Breve salita al passo, discesa a manetta e gli ultimi quattro chilometri di ciclabile piatta fatti non so come.

Conclusioni

La mia seconda Dirndltalextrem è stata una gara fantastica, sensazioni fortissime lungo tutto il percorso, amplificate dalla musica e dal panorama. Molto bello il tempo passato nel centro sportivo, i nuovi volti, quelli già conosciuti rincontrati e la grande passione di tutto l'ambiente.
Dopo la mia gara, prima di andare a dormire, vedo un letto vuoto. Chiedo dove sia chi ci dormiva sopra e mi dicono che è già partito. Davvero? Alle sei e trenta sento una voce di un concorrente che taglia il traguardo, la riconosco è la sua. Mi alzo per andare a salutarlo, fargli i complimenti e non so quanti abbiano avuto un volto più felice del suo al traguardo. Ora la gara è veramente finita anche se mancano le premiazioni finali e grigliata che arriveranno di lì a poco.

Discesa verso CP2

Premiazione

Appena partiti verso CP1
Dopo il bagno nel torrente, poco prima Cp8, km 80

Discesa verso Cp3




mercoledì, luglio 02, 2014

Ultra in montagna: Veitsch 2014

Sulla salitona del monte Veitsch
Sono a terra, ho picchiato duro il bacino su una pietra e rimango immobile. Un corridore da dietro mi raggiunge, mi tiene la gamba col crampo e mi chiede se sto bene. Lo fa una volta, due volte prima di lasciarmi da solo. L'ho rassicurato che è tutto sotto controllo, mi alzo e riparto come se nulla fosse. È questo lo spirito che mi anima in questa bella giornata di sole, mentre sto affrontando per il secondo anno consecutivo il trail sul monte Veitsch.
Rimandato il debutto nella Mozart100, ritrovo i sentieri scoperti lo scorso anno assieme a Michele. Quest'anno, però, non sono qui per fare esperimenti, ma voglio testare la mia condizione, cercando di correre il più possibile. Allora niente zaino e gel vari, ma solo due piccole borracce attaccate alle mani, da riempire di tanto in tanto ai vari ristori. Alla partenza rimango in fondo, una consuetudine in queste mie ultime gare. Passato il primo chilometro pianeggiante, comincia una salita ripida su una strada sterrata. Proseguo del mio passo, mentre nelle mie orecchie suona "Ci vuole calma e sangue freddo" di Luca Dirisio. La musica in gara è, per me, una novità. Ho preparato una play list che mi accompagnerà per tutta la gara. In salita trovo subito un buon ritmo. Solo su qualche rampa isolata molto ripida decido di passare al passo, tornando, però, quasi subito alla corsa. Questo perché al passo non riesco a tenere un ritmo accettabile e poi voglio vedere fino a che punto riesco a tenere correndo. La giornata è calda e ad ogni ristoro faccio rifornimento d'acqua, senza avere paura di perdere del tempo in più. Arrivo bene al primo checkpoint col 56-emo tempo. La seconda parte riguarda la salita sul monte Veitsch, con le pendenze del Teufel Steig, la ripida rampa del diavolo. Nel mio ipod, in questo tratto, suonano gli AC/DC con "Hells Bells" e in solitaria arrivo in cima. Qui inizia la mia parte più problematica. Gli occhiali sono appannati dal sudore, i primi crampi nelle cosce si fanno sentire come lampi e qui il percorso è veramente impegnativo. Quota, vento e rocce che spuntano ovunque in sentieri stretti fatti di piccoli saliscendi. Inciampo molte volte, ma non cado. Fino a quando la combinazione simultanea di inciampo e crampo mi fanno cadere sopra una roccia appuntita col bacino. Con l'aiuto di un un altro corridore riprendo la mia marcia come se nulla fosse. Al secondo checkpoint ho la posizione 42. La terza e ultima parte è pressoché in discesa con qualche rampa tosta in salita e single track nel bosco, dove affiorano numerose radici. E così, toccandone l'ennesima con la punta della scarpa, mi ritrovo ancora a terra. Ma questa volta, tranne aver riempito la borraccia di terra, non mi faccio nulla e continuo a correre. Negli ultimi chilometri tutti i cambi di pendenza sono accompagnati da crampi fulminanti all'interno delle cosce. Mi bloccano all'istante, ma così come arrivano se ne vanno fino al prossimo cambio di pendenza repentino, con una puntualità veramente noiosa. Gli ultimi chilometri sono i più semplici e la fatica, sopratutto quella mentale, è ancora lontana da venire. Sul traguardo riesco anche a superare la staffetta del mio soccorritore, che così riesco anche a ringraziare, anche se lui subito non mi riconosce. Alla fine salto letteralmente la linea del traguardo 31-emo in 5h:48':14", un tempo per me veramente sorprendente. Anche perché avevo esaurito la mia play list che, secondo itunes, doveva essere superiore alle sei ore. Poi un temporale pomeridiano mi riporta alla macchina per fare ritorno nell'afosa Vienna dove mi aspetta una cotoletta coi fiocchi.
I dati del mio Garmin del trail Veitsch, 54km e 2200 metri di ascesa, si trovano qui.