lunedì, settembre 01, 2014

Perché corro un'ultramaratona

Non sempre è possibile evitare domande scomode
Ogni tanto mi capita e anche questa volta è successo di nuovo. Vale a dire trovarmi di fronte alla nuda e inevitabile domanda del mio interlocutore occasionale, il quale, su due piedi, mi chiede inesorabile il perché corro un'ultramaratona. Fossi il campione di scacchi  Magnus Carlsen, probabilmente lascerei cadere la domanda e alzerei i tacchi come fa quando gli chiedono quale sia il pezzo della scacchiera che più gli piace. Ma se le mie vie di fuga sono bloccate, qualcosa devo pure inventare. Mi chiedo come mai nessuno mi abbia mai chiesto perché abbia guardato un spettacolo come le partite dell'Italia agli ultimi mondiali, passato un pomeriggio in un centro commerciale, o trascorso qualche ora in coda in autostrada completamente bloccato, anche se in questi casi proprio non saprei cosa rispondere.

Leggo i racconti di gare di altri personaggi che corrono come me e trovo molti riferimenti a questo tipo domanda. "Le mie 10 ragioni perché corro un ultra trail", "Sette motivi per correre un ultra" e altri interessanti posts sulla stessa linea, uno addirittura ci ha scritto sopra un libro (già ordinato). Potrei imparali a memoria, sono argomenti ragionevoli e infine recitarli al mio interlocutore appena si dovesse lasciare scappare la famigerata domanda.

Però mi chiedo, veramente sono nato per correre? Fossi nato al posto di mio nonno, avrei corso per i campi anziché andare a segare delle rive? Oppure lui non lo sapeva, come suo padre e il padre di suo padre che era nato per correre? L'uomo riesce a correre più a lungo di ogni altro animale, ma i cavalli che regolarmente sfidano le persone in gare di resistenza hanno seguito la tabella di allenamento personalizzata, test del lattato, cardiofrequenzimetro, montato ferri in carbonio, selle in titanio ultraleggere e scaricato l'ultima App per mantenere alta la motivazione, prima dell'inesorabile sconfitta? Leggo di endorfine, runner's high e altri stati di alterazione generici che magari in un'altra epoca si scoprivano all'osteria o in altri luoghi di malaffare e se chi mi sta davanti poi capisce male?
Corro diciotto ore perché ne sono capace, perché è possibile. Come riesco a contare quanti cartelli verdi ci sono sulla A4 tra Venezia e Milano, quante lettere h ci sono nelle prime venti pagine della Gazzetta dello Sport e magari, perché no, quanti sassi ci sono ad Acitrezza. Sappiamo fare così tante cose interessanti, che magari un'ultra passa nel calderone senza neanche saltare all'occhio.

Eccola finalmente la motivazione finale, quella che taglia la testa al toro, quella che merita di essere la trama di un intero libro ed è capace di convincere anche l'interlocutore più scettico.  Ce l'ho qui sulla punta delle dita che battono sulla tastiera: "Corro un ultra perché...", ma la devo proprio scrivere? Anche se non la conosco e non so proprio come mai potrei saperla?
Una volta d'inverno nevicava, d'estate faceva caldo e queste domande non le facevano. Questa è la verità.

giovedì, agosto 21, 2014

Prossimi appuntamenti

La fibia del Dirndtltalextreme sub 18h
 che ha trovato posto tra gli altri cimeli
Sto smaltendo i postumi della gara Dirndltalextreme così ho tempo per focalizzare al meglio le prossime gare. Per settembre sono iscritto alle corse in montagna sulla Rax e sull'Anninger, gare già affrontate negli anni passati. Saranno passaggi intermedi per vedere un po' lo stato di forma in vista del Magredi Ultra Trail, una gara di 100 miglia (160 km e 7700 metri ascesa) che si correrà in Friuli il prossimo 3 ottobre e sarà il mio debutto in una gara di trail in Italia.  Per l'occasione sto cambiando un po' il materiale che userò in gara, vale a dire uno zaino più leggero, scarpe più ammortizzanti e un gps più compatto. Nel Dirndltalextreme  ero senza zaino, gps e scarpe troppo poco protettive. Correre il Magredi senza zaino non è possibile per via del materiale obbligatorio e non vorrei rinunciare alla traccia gps per vedere dove sono passato.

domenica, agosto 03, 2014

Dirndtalextrem nella top 10

Urlo al traguardo
Sono appena tornato da Ober Grafendorf dove ho partecipato al trail Dirntalextrem per la seconda volta. Quest'anno ho conseguito un risultato davvero inaspettato. Ho impiegato un tempo di 15h:29'  per percorrere tutti i 111 km con un dislivello di 5000 metri in positivo, conquistando un sorprendete nono posto in classifica generale. Rispetto allo scorso anno, ho migliorato di 3h:22'. La classifica finale qui.

Scorgo un campanile

Sono su questa ciclabile che porta al traguardo, diritta,  piatta, ma sopratutto infinita. Non riesco più a correre, ma al passo non ci voglio andare. Sono braccato, ho spento la mia lampada frontale per non farmi riconoscere, sono avanti e voglio difendermi con i denti. Cerco di trattare con la mia mente su quanto possa ancora correre: "cammino fino a quel palo e poi corro gli altri quattro". Con la mano destra cerco una canzone che mi tenga in movimento, che confonda le acque, lo zapping casuale del mio ipod, l'unico gadget elettronico che mi sono portato dietro, si ferma su Amedeo Minghi. Corro e allora la canzone va bene, ma dopo quattro pali cammino. È come un interruttore che si accende e si spegne. La canzone finisce e la faccio ripartire, se mi fa arrivare fino in fondo l'ascolto anche cinquanta volte. Poi, dietro ai palazzi di fianco alla ferrovia, scorgo il campanile di Ober Grafendorf, il paese dell'arrivo e solo a questo punto capisco di avercela fatta. Non sento più la necessità di camminare, corro, accendo la lampada e mi preparo a tagliare il traguardo. Sotto lo striscione d'arrivo, getto le borracce dalle mani e mi lascio andare in un grande urlo liberatorio. Gerhard, l'organizzatore della gara, mi mette la medaglia al collo e non posso fare nient'altro che abbracciarlo. Non riesco a dire nulla, faccio fatica a respirare e non mi rimane che sedermi e godere di questo momento.

Si parte

Come lo scorso anno, anche in questo agosto del 2014 mi ritrovo nel Pilachtal per partecipare alla terza edizione del Dirndltalextrem. Arrivo da Vienna col treno appena in tempo per il briefing. Moltissime persone in sala e quasi non trovo posto, quest'anno è record di iscrizioni. Il mio posto per la notte è ancora nella casa ESV, dove dormirò sotto il tetto con finestra sul traguardo. Per istinto o abitudine, mi sistemo nello stesso letto dello scorso anno. Non fa così caldo, ma lo stesso non dormo molto e questo vale anche per i miei soci di camerata. Alle quattro suona la sveglia e dopo una breve rinfrescata, mi aspetta la colazione. Tra un panino e due chiacchiere, in un lampo arriva l'ora di partire. Il meteo concede una tregua, niente caldo infernale, ma solo una nebbia tonificante. Per ora. Parto che ho solo due mini borracce nelle mani e due piccoli marsupi nella vita con dentro: telefonino, scheda di controllo checkpoint, ipod e pastiglie di sale. Orologio, zaino e gps sono rimasti in camera. L'obbiettivo di giornata è quello di arrivare al traguardo sotto le 18 ore e portare a casa la fibia della cintura: il cimelio che verrà consegnato solo a coloro che taglieranno il traguardo entro la mezzanotte. La mia strategia è semplice: viaggiare leggero, partire tranquillo, correre il più possibile senza andare fuori giri e non sbagliare mai strada. Parto ultimo e risalgo il gruppo per trovare un gruppetto che vada bene. Riconosco un paio di corridori, so che conoscono bene la strada e mi aggrego a loro. I sentieri sono bagnati dalla nebbia e dalle piogge dei giorni scorsi, devo stare molto attento a non scivolare. Passiamo il primo controllo, il secondo e poi arriva il terzo. Bello sentirsi chiamarsi per nome, sembra di essere a casa. Qui mi cambio la maglietta e passo a borracce più grandi, la nebbia è scomparsa e il sole già picchia, oggi ci aspettano trenta gradi. Quando comincia la salita che sta prima di Frankenfels, checkpoint 4, rimango da solo davanti al mio gruppetto. Lo scorso anno su questa salita ho cominciato ad accusare il colpo, oggi, invece, tutto bene. Nella lunga discesa asfaltata mi supera la prima delle donne. Le dico che lo scorso anno mi aveva superato dopo il check point 5, lei mi risponde chiedendomi se è bene o è male. Non lo so, ma non glielo dico.
Quando inizia la salita verso il check point 5, la mia corsa comincia a latitare. È arrivato il momento di usare la musica. Non ritrovo la corsa completa, ma la riesco ad alternare col passo. La discesa, invece, scorre molto bene, anche se è piena di buche e con una bella pendenza. Dopo il check point 5, mi rimetto a nuovo nel vestiario e parto verso la cima Eisenstein, meta del checkpoint 6. Le pendenze notevoli, il caldo, la scossa della recinzione delle mucche al pascolo, la solitudine e la stanchezza fanno sì che l'ascesa diventi un andamento lento. Ma è in cima che le cose cambiano. Nella seconda edizione avevo cercato di anticipare la discesa saltando quasi questo ristoro e fu un grosso errore. Questa volta invece, non mi lascio sfuggire una minestra di verdure e una bella birra fresca, le quali mi rimettono a nuovo. La discesa successiva è molto insidiosa, rocce bagnate, sentiero stretto e vegetazione molto alta. L'ascesa al checkpoint 7, breve ma micidiale, la concludo senza particolari affanni e allora alla baita mi concedo il bis con minestra e spuma. Nella lunga discesa verso il checkpoint 8 non ho problemi e qui la corsa funziona a meraviglia. Nella parte pianeggiante successiva, invece, sento i primi segni di insofferenza. Decido di andare dentro al torrente per rinfrescarmi e rigenerarmi togliendomi, però, le scarpe. Piedi bianchi come lo scorso anno non ne voglio vedere. La pausa mi fa bene, ma non mi da una carica sufficiente per tornare a correre in salita. Appena prima del checkpoint 9, mi raggiunge un concorrente che ha un fans club al seguito, con tanto di magliette e striscioni. La strada qui è facile e riesco a stargli in scia fino al punto di controllo. Ora m'avvio verso l'ultima lunga salita ed è molto più semplice affrontarla con la luce del sole, anche se mi manca un po' il fascino delle luci verdi che marcano il percorso di notte. Il passo in salita è lento ma in discesa è buono, così arrivo al check point 10 che ho ancora un piccolo margine sui miei due immediati inseguitori. Qui decido di rischiare il tutto per tutto per mantenere la posizione, che non so di preciso quale sia, e salto il ristoro. Breve salita al passo, discesa a manetta e gli ultimi quattro chilometri di ciclabile piatta fatti non so come.

Conclusioni

La mia seconda Dirndltalextrem è stata una gara fantastica, sensazioni fortissime lungo tutto il percorso, amplificate dalla musica e dal panorama. Molto bello il tempo passato nel centro sportivo, i nuovi volti, quelli già conosciuti rincontrati e la grande passione di tutto l'ambiente.
Dopo la mia gara, prima di andare a dormire, vedo un letto vuoto. Chiedo dove sia chi ci dormiva sopra e mi dicono che è già partito. Davvero? Alle sei e trenta sento una voce di un concorrente che taglia il traguardo, la riconosco è la sua. Mi alzo per andare a salutarlo, fargli i complimenti e non so quanti abbiano avuto un volto più felice del suo al traguardo. Ora la gara è veramente finita anche se mancano le premiazioni finali e grigliata che arriveranno di lì a poco.

Discesa verso CP2

Premiazione

Appena partiti verso CP1
Dopo il bagno nel torrente, poco prima Cp8, km 80

Discesa verso Cp3




mercoledì, luglio 02, 2014

Ultra in montagna: Veitsch 2014

Sulla salitona del monte Veitsch
Sono a terra, ho picchiato duro il bacino su una pietra e rimango immobile. Un corridore da dietro mi raggiunge, mi tiene la gamba col crampo e mi chiede se sto bene. Lo fa una volta, due volte prima di lasciarmi da solo. L'ho rassicurato che è tutto sotto controllo, mi alzo e riparto come se nulla fosse. È questo lo spirito che mi anima in questa bella giornata di sole, mentre sto affrontando per il secondo anno consecutivo il trail sul monte Veitsch.
Rimandato il debutto nella Mozart100, ritrovo i sentieri scoperti lo scorso anno assieme a Michele. Quest'anno, però, non sono qui per fare esperimenti, ma voglio testare la mia condizione, cercando di correre il più possibile. Allora niente zaino e gel vari, ma solo due piccole borracce attaccate alle mani, da riempire di tanto in tanto ai vari ristori. Alla partenza rimango in fondo, una consuetudine in queste mie ultime gare. Passato il primo chilometro pianeggiante, comincia una salita ripida su una strada sterrata. Proseguo del mio passo, mentre nelle mie orecchie suona "Ci vuole calma e sangue freddo" di Luca Dirisio. La musica in gara è, per me, una novità. Ho preparato una play list che mi accompagnerà per tutta la gara. In salita trovo subito un buon ritmo. Solo su qualche rampa isolata molto ripida decido di passare al passo, tornando, però, quasi subito alla corsa. Questo perché al passo non riesco a tenere un ritmo accettabile e poi voglio vedere fino a che punto riesco a tenere correndo. La giornata è calda e ad ogni ristoro faccio rifornimento d'acqua, senza avere paura di perdere del tempo in più. Arrivo bene al primo checkpoint col 56-emo tempo. La seconda parte riguarda la salita sul monte Veitsch, con le pendenze del Teufel Steig, la ripida rampa del diavolo. Nel mio ipod, in questo tratto, suonano gli AC/DC con "Hells Bells" e in solitaria arrivo in cima. Qui inizia la mia parte più problematica. Gli occhiali sono appannati dal sudore, i primi crampi nelle cosce si fanno sentire come lampi e qui il percorso è veramente impegnativo. Quota, vento e rocce che spuntano ovunque in sentieri stretti fatti di piccoli saliscendi. Inciampo molte volte, ma non cado. Fino a quando la combinazione simultanea di inciampo e crampo mi fanno cadere sopra una roccia appuntita col bacino. Con l'aiuto di un un altro corridore riprendo la mia marcia come se nulla fosse. Al secondo checkpoint ho la posizione 42. La terza e ultima parte è pressoché in discesa con qualche rampa tosta in salita e single track nel bosco, dove affiorano numerose radici. E così, toccandone l'ennesima con la punta della scarpa, mi ritrovo ancora a terra. Ma questa volta, tranne aver riempito la borraccia di terra, non mi faccio nulla e continuo a correre. Negli ultimi chilometri tutti i cambi di pendenza sono accompagnati da crampi fulminanti all'interno delle cosce. Mi bloccano all'istante, ma così come arrivano se ne vanno fino al prossimo cambio di pendenza repentino, con una puntualità veramente noiosa. Gli ultimi chilometri sono i più semplici e la fatica, sopratutto quella mentale, è ancora lontana da venire. Sul traguardo riesco anche a superare la staffetta del mio soccorritore, che così riesco anche a ringraziare, anche se lui subito non mi riconosce. Alla fine salto letteralmente la linea del traguardo 31-emo in 5h:48':14", un tempo per me veramente sorprendente. Anche perché avevo esaurito la mia play list che, secondo itunes, doveva essere superiore alle sei ore. Poi un temporale pomeridiano mi riporta alla macchina per fare ritorno nell'afosa Vienna dove mi aspetta una cotoletta coi fiocchi.
I dati del mio Garmin del trail Veitsch, 54km e 2200 metri di ascesa, si trovano qui.


 


domenica, giugno 29, 2014

Il primo Duathlon

La mia nuova bici da corsa
Guerciotti Cartesio
Armato della mia nuova bici da corsa Guerciotti, voglio provare subito l'esperienza della gara. Ogni anno a Graz viene organizzato il Schöckel Classic, una gara di duathlon anomalo che sembra fatta apposta per facilitare il mio debutto in una gara con la bici da strada.
La gara è suddivisa in due parti. La prima parte di circa 16,5 km, viene percorsa in bici  mentre la seconda di 2,2 km a piedi. Detta così sembra molto semplice, il problema è che ci sono 620 metri in positivo da colmare a piedi e 550 metri in positivo da percorrere in bici. Questo vuol dire che la gara è breve e sempre in salita.
Partire in bici in mezzo ad altri 200 atleti, non è un'attività a cui sono abituato, per cui mi piazzo in fondo al plotone e cerco una ruota che possa andare al mio ritmo. Col passare dei chilometri cambiano anche le pendenze, gli ultimi due della sessione in bici sono davvero tosti. Qui mi lascio incantare da un tipo che chiama tutti quelli che sorpassa a tenere la sua ruota. Cambio allora ritmo in salita e sulle ali dell'entusiasmo arrivo vicino alla zona cambio. Il ritmo che ho, però, è decisamente troppo alto per le mie gambe e, anche se mancano pochissimi metri, cedono di schianto diventando letteralmente di cemento. Arrivo nella zona cambio che sono demolito. Lascio la bici attaccata ad una sbarra e continuo a piedi, la parte in cui mi sento più a mio agio. Il problema è ora che non riesco a correre, le gambe sono così sballate che non riescono a svolgere il movimento della corsa. Dopo qualche minuto tornano alla normalità, ma la salita è così ripida che la corsa risulta superflua. Trovo lo stesso un buon ritmo che riesco a tenere fino al traguardo, con uno sprint finale in salita che mi lascia in uno stato mai provato prima. Alla fine arrivo 78-emo, con un tempo globale di 1h:21' una parte in bici di circa 41', quella di corsa in 39' e nella zona cambio circa 1'. I dati del mio Garmin sono qui.



domenica, giugno 22, 2014

Camminata sugli arginelli

Scorcio dell'Argine

Domenica 8 giugno mi trovo per un velocissimo fine settimana  a Breda Cisoni e quasi per caso vengo a sapere che oggi si corre la tradizionale camminata sugli arginelli organizzata dagli Amici dell'Ambiente. Così di buon mattino e di corsa, mi porto alla partenza in piazza d'Armi a Sabbioneta. La giornata è splendida, anche troppo, con un sole decisamente estivo.
È la prima volta che prendo parte a questo tipo di manifestazioni, le cosiddette camminate non competitive che alcuni chiamano tapasciate. All'iscrizione non ci sono scadenze particolari, alcuni sono già lungo il percorso, chi in bici e chi a piedi. Tre euro e sono pronto per partire con tanto di pacco gara. Un prezzo decisamente favorevole per chi come me è abituato ad iscrizioni che si pagano con fogli verdi e magari non ti danno neanche il resto. Ma non voglio paragonare "mele" con "pere", solo far notare che è possibile, con tre euro, avere ristori, assistenza medica, percorso segnato, rinfresco post gara e blocco traffico.
Oggi i percorsi disponibili sono diversi: quello da sei, sedici e ventitré chilometri. Scelgo quello più lungo, quello che percorre quasi tutti gli arginelli del comune. Alla partenza incontro moltissime facce conosciute, non  che sia molto difficile in quanto è una manifestazione organizzata dagli amici dell'infanzia. Il via lo dà il Galu in persona e di piccolo trotto ci incamminiamo verso il Cantonazzo, il luogo dove si sale sugli argini. Alcuni sono in bicicletta, la maggior parte però, a piedi e vengono anche da molto lontano. In asfalto c'è solo questo piccolo tratto di trasferimento, poi quasi nulla, solo campagna o sterrati. Non sono i sentieri montuosi ai quali sono abituato quando corro i trail, ma gli argninelli sono uno sterrato con molta erba, piccoli saliscendi che, con le temperature di quest'oggi, ne fanno un percorso decisamente impegnativo. Il bello di questa camminata sono, per me, i ristori. Non ricordo di essere stato accolto in questo modo in altre competizioni, sentirsi chiamare per nome, fare due chiacchiere e salutare gli amici di sempre, è un evento che non mi capita tutti i giorni. Sono sei  i punti di ristoro disseminati lungo il tracciato. Man mano mano che i chilometri passano mi ritrovo sempre più in solitudine. A Breda Cisoni si evita l'ultimo pezzo di argine per questioni di traffico, ma la variante attraverso le campagne di Villa Pasquali, con uno scorcio sulla chiesa, per me sono una novità. Il sole picchia decisamente forte e il passaggio nel viale del cimitero, con la sua ombra, è un oasi di riposo. Il contrasto diventa evidente, quando, dopo pochi metri, mi trovo su uno sterrato di polvere e ghiaia in perfetta "custera" stile deserto.  Il tratto di trasferimento finisce a Mezzana quando l'ultimo ristoro apre il pezzo più bello dell'argine. Quello del tratto del Bondeno, con la sua vegetazione che copre quasi interamente il passaggio, lasciando solo il varco per i suoi viandanti in una sorta di galleria naturale. Ad un tratto trovo un contadino che sta irrigando, un ottimo spunto per una  breve pausa rinfrescante sotto il getto d'acqua.
Gli ultimi chilometri mi riportano sulla strada del Cantonazzo e da qui in centro a Sabbioneta dove mi attende un abbondante rinfresco.
Complimenti ad Alex e tutti gli Amici dell'Ambiente per l'eccellente organizzazione, e chissà che non riesca a partecipare ancora il prossimo anno.
Sulla mia prestazione podistica non c'è molto da dire, tranne che è stato un ottimo allenamento in vista dei prossimi impegni stagionali. Per chi, invece, volesse trovare anche un stimolo cronometrico su questo tracciato, credo che finirlo sotto le due ore sia un bel obbiettivo e non così scontato, specialmente con queste temperature. Il mio Garmin mi fa notare che per questa volta non ci sia riuscito, una scusa in più per ritornare.

  

sabato, giugno 07, 2014

Wappenlauf a Siegenfeld

Passo la scritta sulla asfalto in leggera discesa che indica i cinquecento metri all'arrivo. La mia respirazione è molto rumorosa, le gambe sono al limite, sulla mia destra, un po' più avanti, un corridore che non molla di un millimetro. Ancora un testa a testa finale, come andrà a finire questa volta?
Torno indietro di un paio d'ore.
Con la mia nuova fiammante bici da corsa Guerciotti pedalo verso l'ufficio dei podisti. Per la terza volta mi trovo a Siegenfeld per la tradizionale corsa del Wappenlauf. Una corsa su terreno misto con continui cambi di terreno e pendenze, oltre 10 km con 220 metri di dislivello positivo. Il terreno è in buone condizioni nonostante il tempo variabile di questi giorni, niente fango sullo sterrato, solo un po' di vento. Prima del via e un riscaldamento quasi nullo, in griglia mi posiziono molto dietro, intorno alla centesima posizione. Non so se sia la tattica ideale per fare bene nelle gare brevi, ma in questo periodo cerco di stare molto coperto e partire molto piano. Dopo il primo chilometro, la leggera salita si fa sentire nelle gambe di chi è partito come se fosse una gara di ottocento metri in discesa. Senza strafare risalgo numerose posizioni, la maggior parte nei cambi di pendenza. Dopo una lunga e non difficile discesa, inizia la seconda parte. Mi ritrovo in un piccolo gruppo dove ci superiamo a vicenda a seconda del tipo di terreno in cui ci troviamo. Quando inizia la salita più ripida, non riesco a tenere il ritmo dei più veloci, salgo del mio passo e alcuni mi superano.

Un tizio con gli auricolari cammina. Che musica ascolta per mollare a pochi metri dall'arrivo, un requiem? Gli do una pacca sulla schiena e lo invito a riprendere a correre. Ride e dopo qualche attimo mi ha già superato. Così mi piaci ragazzo. Finisce la salita e la strada spiana. Chi ha fatto un fuori giri in salita, sul piano non riesce a cambiare ritmo, o, ancora peggio, torna a camminare. Così in un nulla recupero tutte le posizioni perse nell'ascesa. Tutte tranne una, ma sto in scia ad un passo. Incrocio con lo sguardo il cartello del km 9, poi quello del km 10 e il ritmo aumenta sempre più, senza che cambino le posizioni. È la progressione di chi di solito non si sente sicuro nello sprint? Ai 500 metri siamo quasi alla pari. Ai duecento metri, in discesa, sulla curva a novanta gradi lascio andare le gambe a tutta in uno sprint lunghissimo. Anche questa volta mi aggiudico il testa a testa finale, quello di un'inutile ventunesima posizione. Già inutile. Perché allora, chi mi ha seguito è andato direttamente a casa senza neanche passare dal ristoro e alla premiazione del suo podio di categoria?

La classifica finale è qui, i dati del mio Garmin qui.